La Via degli Dei, la voce dell’anima

Una foglia mi gira intorno da qualche secondo sfidando la gravità. C’è solo una leggera brezza, ma la foglia sembra posseduta e continua a roteare su se stessa riflettendo la luce del sole ancora basso. Un ragno ha creato una ragnatela enorme tra questi alberi immensi e la foglia cadendo ne è rimasta imprigionata, scivolando sempre più giù fino a restare agganciata ad un microscopico filo. Il ragno, scosso della sua stessa trappola, è senza via di fuga.

Sono in un castagneto di una bellezza seducente con un intenso profumo di sottobosco, seguendo una striscia bianca ed una rossa sovrapposte, impresse su alberi, pietre, cartelli: sto percorrendo un sentiero tra Bologna e Firenze che attraversa gli Appennini per 130 chilometri passando per valli, paesi, boschi: è la Via degli Dei.

È il terzo giorno di cammino. Ormai non dovrebbe mancare molto per raggiungere Le Banditacce a 1200 metri, il punto più alto di tutto il percorso. Dopo l’entusiasmo dei primi giorni, i piedi sono lenti e sento le foglie scricchiolare con più intensità al mio passaggio. Ho cominciato a prestare attenzione a questo rumore, come allo stridere degli scarponi sulle pietre, al movimento degli animali tra gli arbusti, al respiro come diretta conseguenza della fatica: non pensavo che il rumore delle foglie sugli alberi smossi dal vento potesse essere così intenso, così pacatamente rumoroso.

Più cammino più mi rendo conto che non sto raggiungendo un traguardo, non sto andando a Firenze, non sto unendo due punti nello spazio. Sto andando incontro a me stesso, ad una costante trasformazione interna, prendendo piena consapevolezza della mia posizione nello spazio, della temperatura dell’aria, del movimento dei muscoli. Non è più una sfida con il fisico o per la quantità di chilometri da percorre in un giorno, è riuscire a sentire la voce dell’anima.

Quando ho scoperto la Via degli Dei, volevo solo festeggiare il mio cinquantesimo compleanno in modo originale. Ho provato quel brivido particolare, quel formicolio allo stomaco, quella confusione tra timore ed eccitazione che governa l’inizio di un’esperienza nuova. Ora mi ritrovo a camminare insieme ai miei ricordi, circondato da una inusuale quantità di farfalle che mi girano intorno accompagnandomi in questo viaggio a ritroso nella mia esistenza, nel tentativo di perdonarmi per gli errori commessi. Tra questi boschi, lontano da una società che non mi rappresenta e che viaggia ad una velocità che non riesco a sostenere, posso permettermi di restare indietro, prestare attenzione alla corteccia dei faggi, ad un bruco giallo dietro una pietra, al sapore dell’acqua che attraversa il corpo disidratato.

Un’anatra vola via all’improvviso facendo un gran fracasso, una figura minuta arriva di corsa nel senso di marcia opposto al mio, oltrepassandomi senza cambiare espressione. Sorrido, come ho fatto spesso in questi giorni, grato per questa esperienza che sta cambiando la percezione della cose intorno a me, dando un significato nuovo alla mia ricerca del senso della vita.

Mi sento leggero, in pace, immerso nel presente come non mai.

Mi piacciono i libri di carta, le magliette con i disegni, le matite ed il vino, quello buono. Leggo, cammino, scrivo.

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